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Il provolone del Monaco e il latte 'inglese' della vacca Jersey

L'incredibile saga del generale Avitabile e del suo formaggio









Il provolone del monaco è un prodotto DOP dal 2010 (l’unico formaggio campano, oltre alla bufala a vantare tale certificazione) ma la sua storia parte da molto più lontano.

Come spesso accade, il racconto della "tipicità" di un prodotto, parte con la ricerca di una sua origine antica. Quella del provolone viene fatta risale al 206 a.c quando i primi abitanti dei monti lattari (i Picentini) cominciarono a disboscare vaste aree di terreno per dedicarsi all’agricoltura e alla pastorizia. Picentini o meno, bisogna aspettare quasi mille anni, ossia il diciottesimo secolo dopo cristo, prima che questo formaggio venga chiamato col suo nome.



Ed è a questo punto che la narrazione della tipicità, si arricchisce di una narrazione romantica che richiama fatiche, genti e atmosfere pastorali.

Nel settecento, l’esplosione demografica e urbanistica di Napoli (che intanto stava diventando una meta del Grand Tour), indusse gli allevatori delle campagne a spostarsi verso i Monti Lattari. La distanza dalla città e la natura impervia delle vie di comunicazione, però, costrinse i casari, col loro carico di provoloni, a raggiungere Napoli per mare. E siccome su barchette fatiscenti di legno, di notte o alle prime luci dell’alba è freddo e umido anche in costiera amalfitana, i casari erano bardati dalla testa ai piedi con un sacco spesso, di juta, molto simile al saio dei monaci. Fu così che la gente, al mercato, cominciò ad annunciare l’arrivo del provolone “dei monaci”.

Il racconto è verosimile e, cosa molto più importante, suggestivo.


Tuttavia, tra i criteri che consentono al provolone di vantare il suo marchio DOP, c’è l’origine del latte con cui è prodotto. Non meno del 20%, si legge sul disciplinare, deve provenire da vacche di razza Agerolese (dal nome di Agerola, comune di circa 7500 abitanti che dai monti lattari veglia su Amalfi, dai suoi seicento metri sul livello del mare). La razza agerolese non esiste come tale prima del 1952, quando standard e caratteristiche identificative della razza vengono certificati dal Ministero dell’Agricoltura. E nel 1952 la storia del generale Avitabile è già alla quarta generazione.


La storia che infatti ha portato, sicuramente dopo le fatiche dei picentini e dei casari imbacuccati, alla qualità del provolone DOP è una storia di emigrazione che inizia ad Agerola all’alba del diciannovesimo secolo e che da lì fa praticamente il giro del pianeta.


Non manca infatti l’avventura nella vita di Paolo Crescenzo Avitabile che nasce e muore ad Agerola (1791-1850) ma che trascorre la maggior parte della sua vita in oriente. Giovanissimo, in Italia, combatte per Napoleone (Waterloo) e per i Borboni (assedio di Gaeta). Deluso dal trattamento riservatogli dagli austriaci che nonostante le sue dimostrazioni di forza e di valenza non gli riservano il posto che crede di meritare, lascia il regno e parte come soldato di ventura. Sogna l’America ma un naufragio a Marsilia lo convince a desistere e a scegliere l’Asia.


Arriva in Persia intorno al 1820 dove diventa generale dell’esercito dello Scià in soli sei anni. Avitabile però, instancabile e ambizioso, non si ferma e continua a marciare verso est. Nel 1827 è al comando delle truppe del maharaj Singh, fondatore dell'impero Sikh. Nel 1835 fonda nel nord-ovest del Pakistan, nella regione del Panjab, la città di Wazirabad. Poco dopo diventa governatore del Peshawar, pericolosa zona di confine in guerra con i ribelli afgani. E’ qui che Avitabile diventa famoso per la sua disciplina e per la sua brutalità: con fermo e feroce pragmatismo militare, il generale italiano riesce a domare i ribelli. I suoi metodi crearono un tale clima di terrore che ancora oggi, in quei luoghi, per spaventare i bambini, le madri li minacciano di chiamare Abu Tabela, nome di Avitabile in Oriente: l’uomo nero.

In Persia, comunque, Avitabile è un eroe e lo aspettano le più alte decorazioni di Stato come il titolo di “gran commendatore dell'ordine del Leone e del Sole”. Per la fortuna del generale agerolese e con molta probabilità del provolone del monaco, sono proprio quelli gli anni in cui gli inglesi decidono di contrastare la penetrazione russa in medio-oriente occupando l'Afghanistan. Tuttavia, l’impresa non è semplice e l’esercito inglese, sulle prime, viene miseramente sconfitto. La fama di Avitabile, però, confermando l’antico detto che la paura fa novanta, dalle remote terre arabe aveva valicato da tempo il canale della manica, arrivando alle orecchie militari britanniche. Gli inglesi, dopo la batosta, decidono dunque di avvalersi dell’aiutato del generale napoletano. Avitabile non li delude e usando ancora una volta il suo proverbiale pugno duro riesce a far capitolare gli eterni nemici afgani liberando il territorio in favore dell’esercito britannico. Se avete amici afgani, dunque, forse è meglio non li parliate del provolone del Monaco.



Qualche anno dopo, quando finalmente decide di tornare a casa, gli inglesi, mai dimentichi dei suoi meriti, per ringraziarlo gli fanno dono, tra le altre cose, di alcune vacche di razza Jersey, bovini all’epoca preziosissimi perché non potevano essere esportati al di fuori del Regno Unito.


E qua inizia, potremmo dire, la seconda vita del generale Avitabile terrore degli afgani ed eroe degli agerolesi. Il generale infatti, tornato in patria tra gli onori e gli allori, sugli allori, come si dice, non si adagia e si inventa ‘casaro’. In qualche modo cioè, decide di incrociare le vacche autoctone con la pregiata Jersey dando vita alla razza "Agerolese", dall’inconfondibile accento inglese, protagonista della nostra storia e requisito DOP del provolone.


A dire il vero, la fortuna di una vacca sta nella sua mutazione genetica: se sei una mucca, più sei meticcia, più sei pregiata. Quella che pascolava ad Agerola quando Avitabile torna dall’oriente, poteva già vantare origini olandesi (vacca pezzata nera) e svizzere (simmenthal), razze che i Borboni avevano già da tempo importato per l’incrocio con la podolica campana. A questo punto Avitabile completa il capolavoro mescolando il pregiato dna della già illustre vacca Jersey con quello delle vacche agerolesi creando la razza “agerolese” certificata un secolo più tardi come tale.

A cavallo tra storia e leggenda, la biografia di Avitabile si conclude malamente. Il generale morì infatti prematuramente a 59 anni, forse avvelenato dalla giovane moglie. Il suo sepolcro si trova nella Chiesa di S. Martino a Campora, non lontano dalla sua casa natia. Un suo ritratto è esposto al Museo nazionale di San Martino a Napoli.


Altropasso sarà sui monti lattari a piedi lungo Sentiero Italia Cai, per arrivare ad Agerola dal 16 al 19 Luglio e raccontare la storia del generale Avitabile e del suo formaggio

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