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  • altropassoinfo

Gadus Morhua:il pesc* più queer che ci sia!

Si fa presto a dire merluzzo. Così come si fa presto a dire “identità” .


Non ne esiste uno solo....


fonte:greenme.it

...semmai, ci sono tante rappresentazioni, immagini, sfaccettature, esperienze, definizioni sia delle identità che - dico sul serio!! - dei merluzzi.


In parole povere, è molto probabile che sia quando parliamo di noi stessi, per esempio della nostra nazionalità (o di una qualsiasi delle categorie attraverso le quali ci definiamo) che quando ci capitasse di parlare del merluzzo, il nostro o i nostri interlocutori si immagino qualcosa di diverso da quello che intendiamo noi: il merluzzo, infatti, non è mai una cosa sola.


A Venezia e a Livorno, per esempio, è un baccalà. Ma non lo stesso. Da una parte guai se non è mantecato, dall’altra invece affoga nel pomodoro e deve essere fritto.


Ad Ancona, invece, è stoccafisso e devono esserci le patate.


In Italia non ha mai nuotato. Quello è il suo fratello quasi gemello, il nasello.

Il merluzzo delle nostre ricette è chiamato a volte bianco, a volte comune: la sua stessa nomenclatura è ambigua!

Il merluzzo è tradizione ma è straniero, è mediterraneo ma nordico.

E’ un pesce endemico. Termine difficile che indica una cosa semplice: vive solo in una determinata zona.

Il merluzzo nuota nell’oceano atlantico settentrionale e orientale e nel mar Baltico. Nel nostro mediterraneo, pare, ne è stato catturato un solo (evidentemente spaesato) esemplare nel 2009, a Maiorca.

Tuttavia, è dappertutto nei piatti di mezzo mediterraneo. E’ un pesce che ‘si reincarna’ in mille tradizioni. Viaggia tanto, si , ma dopo pescato.

Sicuramente viene dalle navi: sa di mare e di marinai.


Infatti in Liguria una sua versione è chiamata brandacujùn. Il verbo, brandare, viene dal provenzale e significa ‘scuotere’. E in effetti, dalle onde venivano scossi parecchio gli ingredienti della pietanza, di cui le stive erano piene: merluzzo essiccato (stoccafisso) e patate.


Secondo le leggende poi, durante le tempeste i marinai tenevano il loro baracchino tra le gambe, facendo sì che lo sciabordio delle onde mantecasse al meglio la preparazione e che la ricetta prendesse il suo folkloristico nome.

Altre leggende raccontano invece che fosse il più ‘cujun’ della famiglia a girare per ore baccalà e patate fino al raggiungimento della giusta consistenza.

E per l’immagine che il senso comune si fa di qualcosa ogni leggenda è una sacrosanta verità.


E allora possiamo dire che il merluzzo, baccalà o stoccafisso che sia, è tipico delle zone di mare?

No, non possiamo! Il merluzzo è bosco e riviera, è mare e montagna. Come le identità, non c’è niente che di questo pesc* si possa dire una volta e per tutte.


In Aspromonte, infatti, nel cuore della Calabria c’è una delle sue versioni più tradizionali, il cosiddetto pesce stocco.

Però, anche qua, ce ne sono tante versioni, il pesce stocco di Cittanova non è lo stesso di quello di Mammola; è comunque un pesc* di montagna.


Altropasso, nella sua tappa calabrese del grand tour enogastromico sul sentiero Italia Cai, andrà a cercare le storie di questo pesc* queer che si fa pescare ma non definire.


*Note dell’autrice

L’asterisco viene usato di solito per rispettare grammaticalmente la visione non binaria di genere per cui se dovessi scrivere, ad esempio, “i lettori”, dovrei poi aggiungere “e le lettrici” e così via per tutto il testo. Ho studiato e scritto di genere e di sessualità e, da donna che ama le donne, mi posso concedere il lusso di scherzare sul pesc* queer. Fosse almeno per tutte le volte che mi è toccato revisionare un intero articolo per questioni grammaticali di genere. I 30/35 lettor* mi scuseranno


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